Credo fosse il 1999 quando mi hanno parlato per la prima volta dell’olio d’Argan. Mi è stato descritto come un olio che fa bene alla salute ma anche alla pelle, un olio prezioso. La prima volta che l’ho importato, non mi ricordo esattamente in che anno, 2002 o 2003, non importa, era di un colore giallo-rosso, al tatto molto grasso, con un odore tipico di “noisette”, un odore dolciastro di nocciola tostata, per via del suo sistema di spremitura a caldo, un sentore che non risultava gradevole alla maggioranza delle mie clienti. Rispetto alla produzione alimentare, quella cosmetica costava meno. In questi anni, la sua storia è stata la storia dei prodotti di eccellenza: a un certo punto tutto il mondo li desidera, li vuole e allora eccolo lì, l’olio d’Argan che finisce come il nostro prosciutto di Parma, che sempre eccellenza è, ma  il suo sapore mica è oggi come quello del prosciutto che mangiavo da bambina. Lo so a cosa state pensando, così va il mondo. Va bene, oggi dunque  l’olio d’Argan, sul mercato, lo si può trovare estratto a freddo o a caldo, prima spremitura, seconda spremitura, filtrato e non, raffinato e non, tagliato e non, tutto dipende dal prezzo, da quanto si vuole spendere. Per quanto mi riguarda, scelgo la strada della qualità che poi è quel valore che tutti o quasi tutti ricercano, altrimenti non avrei, nelle varie fiere, schiere di nasi chinati sui flaconi a tentare di captare il “vero” odore dell’Argan, centinaia di occhi vigili a cogliere il tempo di caduta della goccia dalla pipetta, cumoli di polpastrelli a strofinare questo raro olio per giudicare tempi di assorbimento ed effetti finali. Ah certo sono consapevole che tutta questa attenzione può anche essere dovuta ad acquisti incauti fatti in precedenza che hanno alzato la prudenza, ma a me fa piacere incontrare questi consumatori attenti. In genere, quando mi ci imbatto me ne sto zitta, li lascio fare e lascio parlare l’olio d’Argan.